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Nella corretta qualificazione del tipo di lavoro svolto deve prevalere la sostanza del rapporto

Pubblicato il 28 marzo 2018 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

Una nota società, operante nel settore della produzione della telefonia mobile, si serviva delle prestazioni di un collaboratore. L’uomo svolgeva la propria attività alla pari di un dipendente, ma la datrice di lavoro non qualificava il rapporto come subordinato, ma come contratto di somministrazione stipulato con una società di collocamento.


Il lavoratore, quindi, presentava al tribunale domanda per ottenere la declaratoria di nullità del contratto di somministrazione. I giudici di merito oltre ad accogliere le doglianza, inquadravano il rapporto tra dipendente e datore nella categoria di lavoro subordinato, alla luce dell’evidente vincolo di subordinazione. La decisione era in parte confermata dalla Corte di Appello.


La società decideva di impugnare la predetta sentenza, per l’insussistenza del vincolo accertato, poiché il lavoratore era inserito nell’organico aziendale, in ragione di un rapporto di somministrazione con l’agenzia di collocamento.


La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7587, depositata il 27 marzo 2018, ha rigettato il ricorso presentato dal datore di lavoro.

In via generale, i giudici di legittimità chiariscono che il rapporto di lavoro subordinato è caratterizzato dal vincolo della subordinazione, che si estrinseca nelle forme di: a) disponibilità del lavoratore nei confronti del datore; b) assoggettamento al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore; c) inserimento del prestatore nell’organico aziendale; d) prestazione delle sole energie lavorative corrispondenti all’attività di impresa.


Si aggiungono a questi requisiti essenziali, prosegue la Corte, ulteriori elementi quali: l’assenza di rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario, la forma della retribuzione. Inoltre, ai fini dell’individuazione della natura del rapporto, occorre che la valutazione delle caratteristiche sia complessiva e non atomistica. Tale visione di insieme consente di superare il particolarismo, che potrebbe fornire una visione distorta della realtà.


Nel caso specifico, sebbene il lavoratore presta la sua attività in forza di un contratto di somministrazione tra la società datrice e l’agenzia di collocamento, è del tutto inequivocabile la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato tra il dipendente e la ditta, alla luce: di direttive precise sul lavoro da svolgere; dell’inserimento nell’organico aziendale ed in ultimo della necessità di garantire una costante presenza. Da qui il rigetto del ricorso.