I giudici della Terza sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 5467 del 4 febbraio 2014, hanno ricordato che, in materia di omesso versamento delle imposte, sono possibili casi, il cui apprezzamento è devoluto alla valutazione del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, nei quali possa invocarsi l'assenza di dolo o l'assoluta impossibilità di adempiere all'obbligazione tributaria. E' questa l'ipotesi della crisi di liquidità. In tale specifico contesto – si legge nel testo della decisione – perché la crisi possa rilevare ai fini dell'esclusione della condanna penale, è necessario che vengano assolti, da parte del contribuente, gli oneri di allegazione concernenti non solo l'aspetto circa la non imputabilità al medesimo della crisi economica dell'azienda, ma anche che detta crisi “non possa essere stata adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto”. Il contribuente, dunque, può salvarsi dalla condanna per omesso versamento – nella specie di ritenute certificate - qualora provi che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, nonostante abbia posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il proprio patrimonio personale, volte a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, e che non sia riuscito in detto intento per cause indipendenti dalla propria volontà e ad egli non imputabili.