Entrerà in vigore il 29 dicembre la legge 179/2017 che contiene le nuove regole sul cosiddetto whistleblowing - le tutele per i lavoratori che segnalano la commissione di illeciti di cui sono venuti a conoscenza sul posto di lavoro – scaturiscono da una finalità giusta, ma rischiano di creare più problemi di quanti ne vorrebbero risolvere.
La giusta finalità che persegue il legislatore, con la norma pubblicata ieri in Gazzetta ufficiale, è quella di aiutare quei soggetti che vorrebbero denunciare un illecito ma non lo fanno per paura di subire ritorsioni sul lavoro. Il problema riguarda le modalità che sono state scelte per attuare questo indirizzo di politica legislativa.
In primo luogo, il legislatore ha scelto di creare un doppio binario tra pubblico impiego e lavoro privato, con una differenza rilevante in termini di tutele spettanti al soggetto segnalante. Nell’ambito pubblico, tale soggetto ha una tutela forte dell’anonimato, mentre nell’ambito privato esiste un generico riferimento alla necessità di garantire la riservatezza del segnalante. Diverso è anche l’ambito di applicazione tra pubblico e privato: i dipendenti pubblici sono tutti soggetti alle tutele della legge, mentre nel settore privato le (blande) garanzie introdotte dal legislatore valgono solo per le imprese che adottano un modello organizzativo conforme al decreto legislativo 231/2001.
Un elemento apparentemente positivo ma destinato a creare molti squilibri applicativi concerne il regime di presunzione di nullità assoluta degli atti – non solo i licenziamenti, ma anche i provvedimenti ordinari di gestione del rapporto di lavoro – che incidono negativamente sulla posizione del segnalante. Viene posto in capo al datore di lavoro un onere della prova particolarmente stringente, che rischia di travolgere l’efficacia anche di atti adottati per finalità lecite.
Ci sono poi diversi aspetti oscuri che dovranno essere risolti dalla giurisprudenza e dagli interpreti.
Le imprese private che forniscono beni e servizi alla pubblica amministrazione vengono assoggettate al regime pubblicistico, con enormi problemi di compatibilità tra la natura giuridica dei relativi rapporti di lavoro e le norme applicabili al pubblico impiego.
Non sembra destinata a una facile applicazione neanche la norma che impone alle imprese private dotate di modello 231 di prevedere sanzioni adeguate nei confronti dei segnalanti la cui denuncia si riveli infondata: tali sanzioni dovrebbero applicarsi solo in caso di dolo o colpa grave, nozioni abbastanza chiare sul piano teorico ma molto difficili da identificare in concreto.
La debolezza delle tutele, i limiti dell’ambito di applicazione e i diversi problemi tecnici della legge lasciano pensare che il legislatore dovrà tornare a occuparsi presto, nella prossima legislatura, della questione, cercando di ridare organicità a un testo che al momento risulta troppo approssimativo per regolare in maniera efficace un tema così rilevante.