La conversione delle riserve di patrimonio in debito può essere giustificata, sotto il profilo della disciplina anti-abuso, anche per effetto dell’abrogazione dell’Ace. L’addio all’agevolazione previsto dal DDL di Bilancio può, infatti, portare alcune imprese a riconsiderare la propria struttura patrimoniale, in termini di rapporto tra mezzi propri (patrimonio) e mezzi di terzi (indebitamento). Venuto meno l’incentivo, è necessario quindi interrogarsi sui riflessi antiabuso della “conversione” del patrimonio in debito; tale conversione si realizza contraendo finanziamenti (onerosi) e utilizzando la provvista per distribuire riserve ai soci. Operazioni analoghe sono state contestate in passato dall’Amministrazione finanziaria. Anche la giurisprudenza della Cassazione si è espressa sui finanziamenti contratti con lo scopo unico di ottenere la provvista necessaria al pagamento di dividendi al socio, confermando in più occasione la tesi del Fisco, nei casi in cui alla base dell’indebitamento non vi sono ragionevoli motivi di convenienza economica (sentenze n. 22564/2012 e n. 12548/2016). Con il venir meno dell’incentivo alla capitalizzazione, dovrebbe essere naturale consentire alle imprese di rivedere la propria struttura patrimoniale anche (o solo) in funzione del nuovo quadro normativo