La Corte di cassazione conferma il proprio orientamento sul tema dell'onere di contestazione della recidiva (sentenze 1909/2018; 23924/2010), escludendo la necessità di previa contestazione dei precedenti disciplinari laddove questi vengano in rilievo non quali elementi costitutivi del complessivo addebito formulato, che va sempre contestato, ma quali meri precedenti negativi della condotta del lavoratore, rilevanti esclusivamente ai fini della determinazione della proporzionalità della sanzione da irrogare.
Nel caso sottoposto alla valutazione della Corte (ordinanza 30564/2018 ), un operaio è stato licenziato per giusta causa, per avere utilizzato una vernice errata. Il datore di lavoro ha contestato l'addebito specifico e poi, al momento di irrogare il provvedimento disciplinare, ha optato per la sanzione più grave, osservando come fosse ormai venuto irreparabilmente meno il vincolo fiduciario con il dipendente, perché il comportamento da ultimo verificatosi si inseriva in un contesto in cui l'operaio era già stato destinatario di ben otto precedenti contestazioni per fatti analoghi, sfociati in due distinte sanzioni conservative.
A nulla è valso, per il lavoratore, lamentare la violazione dell'articolo 7 della legge 300/1970, sull'assunto che nella lettera di avvio del procedimento disciplinare non fossero stati contestati quei precedenti disciplinari poi richiamati nella lettera di licenziamento. Va esente da censura la decisione della Corte di appello di Milano che, confermando il giudizio di primo grado, ha osservato come i precedenti disciplinari evocati nella lettera di contestazione venissero in rilievo «non come elementi costitutivi della condotta addebitata, bensì come mere circostanze finalizzate all'apprezzamento della congruità e proporzionalità del provvedimento disciplinare».
I precedenti disciplinari, quindi, seppure non contestati, hanno però confermato la sussistenza della giusta causa di recesso e giustificato, stante la violazione persistente e reiterata dell'obbligo di diligenza, la irrimediabile lesione del vincolo fiduciario.