Ministeri dell’Economia e della Giustizia, CNDCEC e FNC, in un Documento di ricerca reso pubblico il 15 ottobre, ritengono non revocabili i revisori di srl già nominati, sulla base dei nuovi parametri di cui all’art. 2477 comma 2 lett. c) c.c., nonostante il termine per procedere a tale nomina sia stato fissato al momento dell’approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2021.
In particolare, tale termine, in origine fissato per il 16 dicembre 2019 e, poi, rideterminato nella data di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2019, in esito all’art. 51-bis del DL 34/2020 convertito (c.d. decreto “Rilancio”) è stato fatto coincidere con la data di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2021 (quindi, tra aprile e giugno 2022).Tale soluzione ha sollevato la questione relativa alla posizione dei revisori già nominati, per i quali si potrebbe aprire la strada della revoca. Ai sensi dell’art. 4 comma 1 lett. i) del DM 261/2012, infatti, costituisce giusta causa di revoca “la sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di revisione legale per l’intervenuta carenza dei requisiti previsti dalla legge”. In tal caso, ex art. 8 del DM 261/2012, per l’assunzione di un nuovo incarico nella medesima società, dovrebbe trascorrere almeno un anno; periodo c.d. di cooling off, che non occorre rispettare nell’ipotesi di risoluzione consensuale (cfr. il documento di ricerca Assirevi n. 234).
Secondo Ministeri e CNDCEC, ora, sarebbe legittimamente possibile ritenere che chi non abbia ancora provveduto alla nomina sia da considerare “rimesso in termini”. Per coloro che, invece, dovessero avere già provveduto non sarebbe ravvisabile alcun elemento innovativo. La norma, infatti, indicherebbe un termine finale entro il quale adempiere, “ma aver provveduto anticipatamente pare perfettamente compatibile con la disposizione normativa, che non sembra possa interpretarsi come idonea a far venir meno l’obbligo medio tempore” (in tal senso la risposta ministeriale).
Come già sostenuto da una parte della dottrina, quindi, trattandosi di una riapertura dei termini, la situazione prevista dall’art. 4 comma 1 lett. l) del DM 261/2012 non si concretizzerebbe, poiché non verrebbero meno le ragioni della nomina, ma, semplicemente, verrebbe concesso un tempo più ampio per provvedere. Una circostanza, questa, che non inciderebbe sulle nomine legittimamente già effettuate sulla base dei vecchi termini.
Pur nel rispetto di tale opinione, e dell’autorevolezza di chi la sostiene, appare opportuno evidenziare anche le ragioni che potrebbero rendere preferibile la praticabilità della revoca del revisore già nominato.
È vero, infatti, che ora, così come fin dall’introduzione del nuovo obbligo, l’adempimento deve essere posto in essere “entro” un determinato termine. Ma è vero, altresì, che resta ferma la previsione dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 379 del DLgs. 14/2019, ai sensi del quale, ai fini della prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 2477 c.c., si ha riguardo ai due esercizi antecedenti la scadenza indicata nel primo periodo. Ragionando nei termini condivisi dai Ministeri e dal CNDCEC, quindi, ci si troverebbe di fronte a elementi di riferimento differenti: entro il 16 dicembre 2019 erano da considerare i dati relativi agli esercizi 2017 e 2018, entro la data di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2019, erano da considerare gli esercizi 2018 e 2019, ed entro il nuovo termine saranno da considerare gli esercizi 2020 e 2021, con il primo bilancio da sottoporre a controlli che sarà quello relativo al 2022.
Circostanza che comporta il rischio di evidenti sperequazioni; ciò soprattutto alla luce della possibile combinazione tra effetti negativi dell’emergenza epidemiologica, da un lato, e previsione secondo la quale l’obbligo di nomina del revisore (o dell’organo di controllo) di cui alla lett. c) del terzo comma dell’art. 2477 c.c. cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è superato alcuno dei nuovi limiti (ex art. 2477 comma 3 c.c.), dall’altro.
Rispetto a ciò, peraltro, l’ulteriore elemento che sembrerebbe deporre a sostegno della possibile revoca appare da ravvisare proprio nel fatto che l’ultimo periodo del terzo comma dell’art. 379 del DLgs. 14/2019 non sia stato affatto modificato. Esso continua a parlare della prima applicazione delle nuove previsioni dell’art. 2477 c.c. (“Ai fini della prima applicazione...”). Ora, dal momento che di prima applicazione non può che essercene una (e una sola) e che gli elementi da considerare sono divenuti, ai fini della prima applicazione, quelli relativi agli esercizi 2020 e 2021, ne dovrebbe conseguire che quello che prima era un obbligo basato su elementi differenti ora non potrebbe più considerarsi tale; perché, si ribadisce, “ai fini della prima applicazione” dell’obbligo di nomina del revisore gli elementi da considerare sono stati modificati.
La prospettata persistenza dell’obbligo legale di revisione, infine, finisce per riflettersi –sostanzialmente precludendola – anche sull’eventuale opzione per lo scioglimento del contratto per mutuo consenso, dovendosi comunque assicurare la continuità della revisione legale.