Desta perplessità l’orientamento della Cassazione secondo cui, in caso di violazione della compatibilità in capo allo stesso soggetto delle figure di dipendente e amministratore “qualificato” della medesima società, ne conseguirebbe l’indeducibilità ai fini delle imposte dirette del costo per lavoro dipendente sostenuto dall’ente. Assonime nel documento “Note e Studi” n. 7/2022, diffuso il 10 ottobre scorso non ritiene convincente la posizione per un doppio ordine di motivi. In primo luogo, si determina una doppia imposizione del medesimo reddito tanto in capo alla società quanto in capo all’amministratore/dipendente. In secondo luogo, il costo presenta comunque tutti i caratteri di certezza, oggettività, inerenza etc. prescritti dalle norme del Tuir per la sua deducibilità (incluso l’intervenuto pagamento quale compenso amministratore, ai sensi dell’articolo 95, comma 5), anche leggendo a contrario il comma 4-bis, articolo 14, L. 537/1993 sulla indeducibilità dei costi “da reato”. Infatti, la presunta violazione di una norma civilistica non ha, come conseguenza diretta, l’indeducibilità fiscale, aspetto che viaggia su un binario di regole assai differente.