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A rischio abuso la holding statica che non distribuisce utili ai soci sine die

Pubblicato il 24 giugno 2025 Sole24Ore, Eutekne

Per una persona fisica, possedere una partecipazione societaria per il tramite di una società di capitali unipersonale (tipicamente una srl), che, senza organizzazione d’impresa finalizzata alla direzione e coordinamento della società partecipata, si limita alla sua gestione (c.d. “holding statica”), costituisce una scelta perfettamente legittima.
Perfettamente legittimi (e quindi non indebiti) sono anche i vantaggi fiscali che possono derivare da tale scelta di possesso “mediato” della partecipazione, cioè:
  • in costanza di suo possesso, la tassazione dei dividendi in capo alla società holding statica nella misura dell’1,2% (pari all’IRES al 24% sul 5% del dividendo percepito, ai sensi dell’art. 89 del TUIR), anziché in capo alla persona fisica nella misura del 26% (ritenuta alla fonte sostitutiva dell’IRPEF, ai sensi dell’art. 27 del DPR 600/73);
  • in caso di sua alienazione con i presupposti di applicazione della participation exemption, la tassazione della plusvalenza in capo alla società holding statica nella misura dell’1,2% pari all’IRES al 24% sul 5% del dividendo percepito, ai sensi dell’art. 87 del TUIR), anziché in capo alla persona fisica nella misura del 26% (imposta sostitutiva dell’IRPEF, ai sensi del combinato disposto dell’art. 5 del DLgs. 461/97 e dell’art. 1 comma 23 della L. 207/2024).
Tale perfetta legittimità deriva dalla loro temporaneità, nel senso che essi vengono meno una volta che gli utili corrispondenti ai dividendi percepiti e alle plusvalenze realizzate dalla società holding statica vengono da essa distribuiti al socio persona fisica.
La ratio dell’esenzione di dividendi e plusvalenze con i requisiti pex è del resto proprio quella di rinviarne la tassazione in capo ai “percipienti finali”, ossia le persone fisiche, lasciando una minima tassazione negli “anelli intermedi” della catena partecipativa quale sostanziale contropartita della possibilità per tali “anelli intermedi” di dedurre dalla propria base imponibile IRES costi di gestione delle partecipazioni che non sarebbero stati deducibili nel caso di possesso diretto da parte della persona fisica.
Se però la distribuzione al socio persona fisica di detti utili viene differita sine die dalla società holding, il lecito vantaggio fiscale temporaneo può assumere i connotati dell’indebito vantaggio fiscale “definitivo di fatto”, per chi condivide (o per chi è comunque tenuto istituzionalmente ad applicarlo) l’approccio interpretativo dell’Atto di indirizzo MEF 27 febbraio 2025 sull’abuso del diritto, secondo cui, tra i vantaggi fiscali indebiti disconoscibili ex art. 10-bis della L. 212/2000, in presenza degli ulteriori presupposti che integrano la fattispecie di abuso del diritto ivi disciplinata, rientrano anche “i differimenti di imposizione, cioè le situazioni nelle quali il contribuente consegue un vantaggio finanziario”, che consista in “un rinvio della tassazione sine die o significativamente posticipato, dunque non meramente temporaneo”.
Naturalmente, se c’è una valida ragione extrafiscale non marginale per la mancata distribuzione negli anni, al socio persona fisica, degli utili corrispondenti ai dividendi percepiti e alle plusvalenze realizzate dalla società holding statica, non c’è alcun abuso del diritto.
Ciò accade, senza margine di dubbio alcuno, quando tali utili vengono reinvestiti dalla società holding statica per acquisire altre partecipazioni, oppure (divenendo in tal caso “holding mista” o addirittura perdendo la qualifica “fiscale” di holding) per acquisire aziende mediante le quali esercitare attività commerciale, oppure ancora per acquisire beni mobili o immobili da impiegare non già in un’attività d’impresa, ma comunque in un’attività economica di pura gestione del proprio patrimonio mobiliare o immobiliare.
Quando però gli utili non vengono così reinvestiti dalla società holding statica e vengono solo “parcheggiati” in gestioni di tesoreria, o comunque “solo” investiti in prodotti finanziari o assicurativi che potrebbero essere sottoscritti anche da una persona fisica, la questione diventa alquanto scivolosa.
Ai sensi dell’art. 2247 c.c., infatti, l’utilizzo fisiologico del “contratto di società” è quello di esercitare un’attività economica (anche di pura gestione) “allo scopo di dividerne gli utili”, tale per cui il trattenimento di utili, da parte di una società, all’esclusivo scopo di differirne sine die il relativo prelievo, può, in taluni casi, “completare” il panel dei presupposti che concorro a integrare una fattispecie di abuso del diritto ex art. 10-bis della L. 212/2000.
Se poi, ancor meno avvedutamente, gli utili non distribuiti dalla società vengono impiegati per concedere prestiti al socio persona fisica o per acquistare beni mobili o immobili finalizzati al mero godimento del socio persona fisica, il rischio è addirittura quello di passare a una fattispecie di interposizione fittizia ex art. 37 comma 3 del DPR 600/73, con quel che ne consegue in termini di rilevanza anche sul piano penale.

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