Con ordinanza n. 15905 depositata lo scorso 6 luglio 2010, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato dall'Agenzia delle entrate per censurare la decisione della Commissione tributaria regionale della Toscana “nella parte in cui aveva posto a carico dell'Amministrazione oneri probatori che graverebbero sul contribuente”. In particolare, i giudici regionali avevano annullato un accertamento tributario in quanto lo stesso era motivato solo in considerazione degli standard degli studi di settore senza che fossero state valutate le ragioni del contribuente. Nel testo della decisione, la Corte di legittimità ha ribadito il principio già affermato dalla sentenza a Sezioni unite n. 26635/2009 secondo cui “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente”. In tale sede, spetta a quest'ultimo “provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza delle condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame”. Qualora, poi, come nel caso di specie, il contribuente rimanga inerte all'invito al contraddittorio, lo stesso si assume le conseguenze del suo comportamento: in questo caso, infatti, l'Ufficio può sempre motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli standard, dando conto dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente nonostante il rituale invito; il giudice, a sua volta, può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all'invito.
weekly news 27/2010