La prova dell’elusione fiscale da parte di una società può essere effettuata anche tramite l’utilizzo di presunzioni, purché di natura qualificata. Questo il principio che si desume dalla lettura della sentenza n. 12788 (10 giugno 2011), della Corte di Cassazione, con cui i giudici tornano a fare il punto sul dibattuto dilemma dell’elusione fiscale, non rinviando ad un principio antielusivo generale, ma fornendo un’interpretazione estensiva ad una norma sugli accertamenti, che rientra nell’ambito di un gruppo di disposizioni prettamente fiscali.
L’interpretazione estensiva offerta dalla Corte riguarda l’articolo 37 del Dpr n. 600/73, che prevede che “gli uffici competenti, al fine di accertare la manovra elusiva del contribuente, possono avvalersi della prova della presunzione, la quale presuppone la possibilità logica di inferire, in modo non assiomatico, da un fatto noto e non controverso, il fatto da accertare”. In altri termini, riportando il principio al caso di specie, la Corte rileva che la triangolazione societaria posta in essere dall’azienda italiana era finalizzata esclusivamente alla suddivisione degli utili e al loro trasferimento in un Paese a regime fiscale più favorevole, per sottrarli alla tassazione italiana di certo più onerosa.
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