La I sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43899 del 25 ottobre 2013, ha fatto chiarezza in merito al complicato problema della competenza territoriale nel caso di imprese aderenti al consolidato fiscale nazionale, quando i delitti commessi in materia di dichiarazione sono riconducibili a società collegate fra loro e appartenenti allo stesso gruppo.
La Suprema Corte, nel tentativo di sciogliere i dubbi spesso riguardanti l’ambito della competenza del giudice chiamato a risolvere il reato societario, ha sancito che in caso di frode fiscale commessa da società appartenenti ad un gruppo, che hanno optato per il regime del consolidato fiscale nazionale, è competente a giudicare il Tribunale del luogo in cui ha il domicilio fiscale la società che ha presentato la dichiarazione consolidata e non quello del luogo dove risiede il singolo manager che ha commesso il reato.
Pertanto, secondo i Giudici vale la regola sussidiaria del luogo in cui il reato si è consumato (presentazione dichiarazione fraudolenta) e non quello del domicilio del manager che lo ha commesso e che è imputato nell’inchiesta penale.
Ai fini del consolidato, infatti, non assume rilevanza in qualità di contribuente la singola entità societaria che ha commesso il reato, perché con la presentazione della dichiarazione consolidata da parte della holding, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a valutare il documento complessivo, che nella fattispecie è ritenuto fraudolento.
Pertanto, accertato che la dichiarazione consolidata è stata presentata da una società avente sede e domicilio fiscale a Roma, la competenza a decidere sui reati fiscali spetta al Tribunale di Roma.