Con sentenza n. 2850 depositata il 22 gennaio 2015, la Corte di cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito di condanna del legale rappresentante di una Srl per il reato di cui all'articolo 10 ter del Decreto legislativo n. 74/2000, imputato per aver omesso di versare, entro il termine di legge, l'Iva relativa all'anno 2007, per un importo di circa 145mila euro.
L'uomo si era opposto a detta statuizione asserendo l'erroneo riconoscimento della sua responsabilità penale, in quanto lo stesso era soltanto il prestanome dell'amministratore di fatto della società.
Doglianza ritenuta irrilevante dai giudici di legittimità i quali, nel testo della motivazione, hanno richiamato una recente pronuncia di Cassazione – sentenza n. 14432 del 27 febbraio 2014 - ai sensi della quale l'amministratore risponde comunque del reato omissivo contestatogli quale diretto destinatario degli obblighi di legge, anche quando altri soggetti abbiano agito come amministratori di fatto.
Prestare il proprio nome significa assumere la responsabilità d'impresa
Ed infatti, la semplice accettazione o il semplice mantenimento della carica attribuiscono allo stesso soggetto specifici doveri di vigilanza e controllo, la cui violazione comporta una responsabilità penale diretta, a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla loro condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, o, comunque, a titolo di dolo eventuale, per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino.
In conclusione – si legge nel testo della sentenza – concedere il nome “significa assumere, quantomeno sotto il profilo della eventualità, la responsabilità dell'impresa così formalmente rappresentata, essendo d'altronde impossibile ignorare che il contribuire a una apparenza diversa dalla sostanza può essere utilizzato, se non addirittura finalizzato, anche per illeciti”.