In materia tributaria, nulla osta, a livello di ordinamento nazionale ed europeo, alla rilevanza penale dell'abuso del diritto.
Ed infatti, in ragione del rispetto del principio di capacità contributiva e del principio di progressività dell'imposizione, deve desumersi che il contribuente non possa trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo in modo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in mancanza di ragioni economicamente apprezzabili che possono giustificare l'operazione.
Così, dal divieto di abuso del diritto discende, dal punto di vista tributario, l'inopponibilità all'amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall'operazione elusiva, del negozio utilizzato per ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta.
Possibile configurazione di illeciti speciali tributari
Dal punto di vista penale, invece, discende la rilevanza delle condotte elusive in materia fiscale che siano idonee a determinare una riduzione o una esclusione della base imponibile, senza che possa ipotizzarsi alcun contrasto con il principio di legalità.
Se tale ultimo principio, difatti, non consente la configurabilità della generale fattispecie della truffa, non è invece ostativo alla configurabilità degli illeciti speciali tributari, basati sulla dichiarazione fiscale e sull'infedeltà contributiva, rispetto a quelle condotte che siano idonee a determinare elusivamente una riduzione o una esclusione della base imponibile.
Sulla scorta di queste considerazioni sono stati confermati dalla Corte di cassazione - sentenza n. 3307 del 23 gennaio 2015 - i provvedimenti di sequestro preventivo adottati dal Gip nei confronti di un soggetto indagato per aver omesso, quale amministratore di fatto di diverse società, di presentare in Italia le dichiarazioni annuali sui redditi conseguiti da dette società, ritenute estero-vestite.