Il licenziamento per cosiddetto "scarso rendimento”, costituisce un'ipotesi di recesso del datore per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14310 del 9 luglio 2015, ha confermato la legittimità di un licenziamento intimato per scarso rendimento sostenuto da un monitoraggio dell’attività di un prestatore di lavoro e relativo confronto con quella degli altri dipendenti che ha dimostrato una sproporzione significativa tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento.
Per la Corte, nel contratto di lavoro subordinato, il lavoratore non si obbliga al raggiungimento di un risultato ma alla messa a disposizione del datore delle proprie energie, nei modi e nei tempi stabiliti, per cui, il mancato raggiungimento del risultato prefissato, non costituisce di per sé inadempimento.
Tuttavia , nel caso in cui siano individuabili dei parametri per accertare che la prestazione sia eseguita con la diligenza e professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore, il discostamento dai detti parametri può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione (Cass., 20 agosto 1991, n. 8973).
Per dimostrare quindi che ci sia stato effettivo inadempimento, è necessario valutare la condotta del lavoratore nel suo complesso per un'apprezzabile periodo di tempo, tenendo bene a mente che il mancato raggiungimento del parametro non va confuso con l'oggetto dell'accertamento, che è costituito dall’inesatta o incompleta o mancata esecuzione della prestazione.