L’istanza di rimborso per le società estinte e l’eventuale successiva impugnazione del diniego tacito o espresso da parte dell’Amministrazione finanziaria vanno sempre proposte dai soci e non dal legale rappresentante. Anche se, infatti, la normativa sulle procedure di sollecita esecuzione dei rimborsi dell’Iva, prevista dal D.M. 26 febbraio 1992 (articolo 5), stabilisce che, qualora una società sia stata cancellata dal Registro Imprese, l’ufficio può eseguire il rimborso al liquidatore, nella sua qualità di rappresentante legale della società in fase di estinzione, un consolidato orientamento giurisprudenziale e di prassi statuisce che, in presenza di cancellazione della società, il rimborso spetti, se dovuto, ai soci pro quota. In particolare, sia i giudici della Suprema corte che l’Agenzia delle entrate sono concordi nel ritenere che, in caso di estinzione della società, laddove dovessero sussistere sopravvenienze attive (come un credito Iva), si verifica un fenomeno successorio in capo ai soci, con la conseguenza che soltanto questi ultimi «saranno legittimati all’esercizio dei diritti corrispondenti direttamente, senza condizioni e senza dover ricorrere alla nomina di un curatore speciale» (Cassazione, sentenza n. 22863/2011 e Agenzia delle entrate, risoluzione n. 77/E/2011). Inoltre, dal momento che l’ente, dopo la sua cancellazione, non esiste più, allo stesso modo risulta improduttiva di effetti la domanda di rimborso proposta dalla società stessa o, per meglio dire, dal suo liquidatore in qualità di legale rappresentante.