Il leasing finanziario comporta spesso problematiche fiscali di un certo rilievo. Sono le norme in materia di assegnazione o estromissione dei beni d’impresa che, l’Agenzia delle entrate ha illustrato nella circolare n. 26/E/2016, a imporre all’Amministrazione finanziaria un difficile slalom per uscire dalle problematiche relative a Iva e imposte dirette, con scelte certamente obbligate, ma, come è stato osservato, a volte incompatibili tra loro. La mancata iscrizione dei beni in leasing, nello stato patrimoniale dell’utilizzatore, comporta distorsioni anche nel Conto economico, perché sono contabilizzati nell’area gestionale i canoni di locazione, che comprendono anche la componente finanziaria, in luogo degli ammortamenti. Tutto questo, tra l’altro, genera distorsioni anche nella valorizzazione delle rimanenze di fine esercizio che sono influenzate da costi “sospesi” non correttamente calcolati nella determinazione del costo di produzione, almeno per 2 ragioni: presenza della componente finanziaria e durata del leasing, generalmente diversa da quella dell’ammortamento. La possibilità di accorciare la durata dei contratti di leasing, offerta dalla L. 44/2012, ha peggiorato ulteriormente la situazione e non contribuisce alla trasparenza dei bilanci. Buone notizie sono contenute nella relazione al D.Lgs. 139/2015, di recepimento della Direttiva 34/2013, nella quale è precisato che, per il momento, la contabilizzazione del leasing resta immutata perché si è ritenuto preferibile mantenere l’attuale impianto normativo in attesa che si definisca il quadro internazionale e si possa riorganizzare la materia in modo complessivo.