Doppio binario sanzionatorio sull’omesso versamento dei contributi previdenziali trattenuti nella busta paga dei dipendenti da parte dei datori di lavoro. Se la somma non pagata è inferiore a 10.000 euro si applica una sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro. Se i contributi evasi superano i 10.000 euro, scatta il penale. In ogni caso, qualora il datore di lavoro provveda al versamento degli importi dovuti entro tre mesi dall’accertamento le sanzioni non si applicheranno. Motivo per cui la GdF non potrà procedere alla contestazione immediata delle sanzioni economiche (per gli importi sotto i 10.000 euro) o alla trasmissione della denuncia all’autorità giudiziaria (per gli importi superiori): in tutti i casi i verbali di accertamento dovranno contenere un invito al versamento entro i 90 giorni, con l’avvertimento che il perdurare dell’inadempimento comporterà l’applicazione delle sanzioni di legge. È quanto ricorda una circolare diffusa il 2 luglio scorso dal comando generale delle Fiamme gialle alle strutture territoriali. Il documento reca direttive operative in materia di contrabbando, accise e lavoro irregolare, alla luce del decreto sulle depenalizzazioni (D.Lgs. 8/2016) in vigore dal 6 febbraio scorso.
Doppia chance poi per evitare la sanzione amministrativa (da 10 mila a 50 mila euro) per l’omesso versamento delle ritenute per l’importo fino a 10.000 euro. Ricevuto l’avviso di accertamento, infatti, il datore di lavoro può: a) versare le ritenute entro 3 mesi, sanando al violazione; b) versare le ritenute entro 60 giorni, a decorrere dalla scadenza dei 3 mesi, ma con la maggiorazione di una sanzione di 16.666 euro. A spiegarlo, tra l’altro, è l’Inps con la circolare n. 121 di ieri in cui illustra la depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali di cui all’articolo 3, comma 6, D.Lgs. 8/2016, che interessa i datori di lavoro e i committenti (gestione separata).