Costituisce innegabilmente una giusta causa di licenziamento l’acceso diverbio con il superiore gerarchico per una contestazione sul rispetto di un ordine di servizio, laddove il dipendente sia trasceso alle vie di fatto e il responsabile aziendale abbia dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso.
La Corte di cassazione ribalta la decisione di segno contrario che aveva assunto la Corte d’appello di Firenze e afferma che, da qualsivoglia angolatura si ritenga di esaminarlo, il diverbio tra un dipendente e un superiore che abbia condotto quest’ultimo in ospedale a causa di un pugno sferrato al volto dal sottoposto giustifica l’irrogazione della sanzione espulsiva.
La Cassazione (sentenza 19013/2018) chiarisce che la condotta del lavoratore, per il fatto stesso che quest’ultimo abbia utilizzato modalità fisiche di reazione violenta per contestare la reprimenda del superiore circa la mancata ottemperanza all’ordine di servizio, costituisce di per sé violazione del minimo etico, ovvero di quelle elementari norme di civile convivenza che, nell’ambito di una comunità, devono potersi esigere da ciascuna persona.
La Suprema corte aggiunge che la fattispecie del diverbio sfociato in aggressione fisica con postumi a carico del responsabile aziendale è paradigmatica della nozione stessa di giusta causa, quale frutto di una consolidata elaborazione giurisprudenziale, la quale ricorre in presenza di un comportamento la cui gravità, oggettivamente e soggettivamente considerata, scuota irreparabilmente il vincolo fiduciario alla base del rapporto di lavoro e ne impedisca la stessa prosecuzione anche solo in via temporanea per il periodo di preavviso.
In forza di questi rilievi, la Cassazione rigetta la tesi perseguita dalla Corte d’appello territoriale, che aveva ridimensionato l’addebito disciplinare a un atteggiamento «un po’ aggressivo» del lavoratore e aveva, quindi, annullato il licenziamento, ritenendo che la condotta oggetto di contestazione dovesse essere censurata con una mera sanzione conservativa, in linea con le previsioni del contratto collettivo applicato.
La Cassazione rifiuta questa lettura e osserva che la giusta causa del licenziamento non può essere messa in dubbio, atteso che il diverbio con il superiore gerarchico sfociato in un’aggressione fisica con ricorso alle cure del pronto soccorso è indice di un comportamento violento incompatibile con la prosecuzione del rapporto di lavoro.