La giusta causa di licenziamento presuppone l'addebito di comportamenti incompatibili con la prosecuzione temporanea del rapporto di lavoro. Di conseguenza, la reintegrazione in servizio dei dipendenti precedentemente sospesi, in presenza di indagini penali per ipotizzato reato di truffa, è incompatibile con il successivo licenziamento in tronco attivato nei confronti dei medesimi dipendenti per gli stessi fatti.
La Corte di cassazione ha osservato (sentenza 14787/2019 ) che il perdurare della giusta causa di licenziamento, a fronte di condotte disciplinarmente sanzionabili, presuppone che non vi sia possibilità di prosecuzione neppure temporanea del rapporto, rispetto alla quale il transitorio richiamo in servizio dei dipendenti sospesi costituisce una situazione incompatibile. Né la circostanza che il ritorno in servizio sia intervenuto per motivi economici del tutto avulsi da ogni valutazione sulla portata disciplinare delle condotte inadempienti, ad avviso della Cassazione, può avere peso in senso contrario.
È il fatto in sé del richiamo in servizio dei lavoratori, dopo che i medesimi erano stati precedentemente sospesi in connessione al possibile rinvio a giudizio per il reato di truffa, a escludere che nella condotta ascritta sul piano disciplinare ai dipendenti possano esservi gli estremi della irreparabile lesione del vincolo fiduciario, che costituisce presupposto insostituibile della giusta causa di licenziamento. Se, in altri termini, i dipendenti potevano essere transitoriamente reintegrati in servizio per soddisfare ragioni di natura economica invocate dalla società, appare evidente, ad avviso della Suprema corte, che viene meno l'elemento della impossibilità di proseguire il rapporto anche solo temporaneamente.
Il caso sottoposto all'esame della Cassazione è relativo ad alcune guardie giurate di un istituto di vigilanza, responsabili del parco auto aziendale, che sono state rinviate a giudizio per il reato di truffa compiuto, secondo l'accusa, di concerto con il gestore di un impianto di benzina. I dipendenti sono stati inizialmente sospesi cautelarmente e, quindi, reintegrati al lavoro. In seguito al rinvio a giudizio, la società li ha licenziati.
In primo e secondo grado la legittimità del licenziamento è stata confermata, mentre la Cassazione è di diverso avviso e ritiene assorbente, al fine di escludere la legittimità dei licenziamenti, che i dipendenti siano stati, seppur temporaneamente, richiamati in servizio. Tale situazione, conclude la Suprema corte, non integra gli estremi di una compromissione del vincolo fiduciario tanto grave da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto, venendo in questo modo a mancare la insostituibile condizione perché possa operare la giusta causa di licenziamento.