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Il premio di risultato sul vecchio fondo negoziale

Pubblicato il 01 ottobre 2019 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

L'organo di vigilanza delle forme di previdenza complementare, la Covip, ha diffuso un chiarimento sulla destinazione di un premio di risultato detassabile da parte di un dipendente che aveva cambiato azienda. Si tratta del caso di un lavoratore iscritto a un fondo negoziale, il quale, quando aveva mutato datore aveva deciso di mantenere l’iscrizione al precedente Fondo, pur non essendo la nuova impresa iscritta a tale forma di previdenza complementare.

Nella nuova azienda in cui il lavoratore aveva cominciato il proprio impiego, la contrattazione collettiva aveva nel frattempo siglato e depositato un accordo di secondo livello che prevedeva la corresponsione di un premio di risultato destinatario (nel caso di raggiungimento dei parametri economici postulati dalla legge 208/2015) di una tassazione agevolata al 10 per cento. L’accordo, sfruttando il comma 184-bis dell’articolo 1 della stessa norma (introdotto dalla legge di bilancio del 2017) aveva però previsto anche un’opzione, attivabile dai dipendenti, di conversione dello stesso premio da valore monetario a contributo a forme di previdenza complementare. Tale opzione è stata incentivata dal legislatore dal 2017, in quanto consente ai lavoratori di dedurre dal reddito tali contributi anche in deroga al limite annuale generale previsto in 5.164,57 euro, arrivando così al limite complessivo di 8.164,57 euro (salvo il caso dei nuovi iscritti ai fondi che hanno a disposizione un ulteriore plafond di deducibilità).

La particolarità del caso si concentra però nel fatto che il lavoratore ha chiesto di destinare tale contributo non alla forma di previdenza complementare cui risulta collegato direttamente l’attuale datore di lavoro, ma a quella cui si era iscritto durante il pregresso rapporto di lavoro e a cui aveva mantenuto l’iscrizione anche dopo la cessazione, non avendo esercitato un riscatto integrale della posizione già accantonata.

La Covip ha ritenuto tale quadro di per sé non illegittimo, rimandando alla fonte dell’accordo collettivo che ha previsto non solo il premio, ma soprattutto la facoltà di conversione. Infatti, pur essendo l’opzione attivata dal dipendente, la possibilità di conversione (e le sue modalità) trovano il proprio fondamento nell’accordo aziendale o territoriale depositato presso il ministero del Lavoro. Secondo l’organo di vigilanza, qualora il contratto collettivo aziendale o territoriale non preveda diversamente (obbligando cioè il versamento al fondo di comparto), sarà possibile la destinazione del premio al precedente fondo di previdenza complementare in assenza di qualsiasi ulteriore causa ostativa. Va solo a lato ricordato che si attendono chiarimenti dall’Inps sul regime di assoggettamento previdenziale di tali contributi a forme di previdenza complementare derivanti da premio di risultato, attese da quasi due anni.


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