Imprese in cerca di certezze sul requisito della novità, rilevante ai fini della fruizione del credito d’imposta per attività di R&S: nella circolare 23/19 Assonime ripropone il tema della qualificazione di difficile declinazione. In relazione a tale requisito è opportuno formulare un’osservazione: il solo fatto che nel corso dell’attività accertativa in ambito tributario si debba fare riferimento a manuali di carattere tecnico dovrebbe escludere conseguenze di carattere sanzionatorio in ambito fiscale.
Con la circolare 5/16 era precisato che sono agevolabili «le modifiche di processo o di prodotto che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi delle linee e/o delle tecniche di produzione o dei prodotti». Sulla base di queste indicazioni le imprese avevano ritenuto di poter includere nell’agevolazione le attività che hanno comportato miglioramenti significativi a processi (o prodotti) esistenti valutando la significatività dei miglioramenti in relazione alla situazione preesistente del processo (o prodotto). Con queste premesse, gli esperti del settore avevano messo in evidenza che vi sono casi in cui le attività di innovazione di processo possono essere classificate come attività di R&S, in quanto è possibile sviluppare sperimentalmente un processo produttivo esistente. A questo orientamento, con la risoluzione 40, il fisco avrebbe risposto in senso negativo, ritenendo assente in tali casi il requisito della novità e affermando che il miglioramento significativo deve scaturire dall’impiego di conoscenze nuove per il settore di riferimento, con conseguente irrilevanza dei miglioramenti che, pur se significativi, derivano dall’uso di conoscenze già diffuse nel settore di riferimento dell’impresa. La difformità di tale orientamento, rispetto al precedente enunciato con la circolare 2016, per i periodi di imposta 2015-2017 dovrebbe ancor più comportare l’applicazione, ai fini sanzionatori, dell’esimente delle obiettive condizioni di incertezza interpretativa, in base agli articoli 10, comma 3 della legge 212/00 e 6, comma 2 del Dlgs 472/97. In termini più generali, come affermato da Assonime, dovrebbe applicarsi la qualifica di credito inesistente alle sole ipotesi di comportamento fraudolento mentre in tutti gli altri casi non potrebbe che parlarsi di credito non spettante.