In alcuni casi, la titolarità del rapporto di lavoro può essere riferita contemporaneamente anche a più soggetti distinti, in particolare a più società gestite dal medesimo gruppo. Sui requisiti necessari affinché si verifichi tale circostanza è di recente intervenuta la Corte di cassazione, sezione lavoro, 3 dicembre 2019, n. 31519.
La contitolarità del rapporto, in particolare, richiede che le società, sebbene siano soggetti formalmente differenti, si pongano in collegamento funzionale e risultino espressione di un unico centro di interessi e, quindi, di un'impresa unitaria.
In concreto, è necessario che la struttura organizzativa e produttiva sia unica, che le attività esercitate siano integrate e, quindi, vi sia un interesse comune e che le singole imprese siano sottoposte a un coordinamento tecnico e amministrativo-finanziario da parte di un solo soggetto direttivo. Inoltre, affinché possa ritenersi sussistente un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro è indispensabile che la prestazione lavorativa sia utilizzata in maniera contemporanea da parte delle diverse società e, quindi, che sia svolta in maniera indifferenziata in favore dell'una o dell'altra.
Per la Corte di cassazione tutti i predetti requisiti sono essenziali, mentre, per far ritenere che gli obblighi relativi a un rapporto di lavoro subordinato che, formalmente, sia intercorso tra un lavoratore e una società del gruppo, si estendano anche ad altre società del medesimo gruppo, non basta la sola sussistenza di un collegamento economico-funzionale tra le stesse.
Nella recente pronuncia, i giudici hanno anche precisato da dove deriva l'esigenza di individuare con precisione l'unico centro di imputazione cui ricondurre la gestione del singolo rapporto organizzativo: si tratta di rispettare quanto previsto dall'articolo 2094 del Codice civile che, per utilizzare le parole della stessa Corte, «impone di individuare l'interlocutore tipico del lavoratore subordinato nella persona (fisica o giuridica) del "datore di lavoro", e cioè di chi, di fatto detiene ed esercita i suoi poteri (direttivo e disciplinare) nei confronti della controparte dipendente».
Nel caso di specie, in giudizio era stato accertato che le due imprese del gruppo che si erano avvalse della stessa prestazione lavorativa erano sottoposte alla medesima catena di comando. Esse, inoltre, erano solite utilizzare il personale dipendente in maniera indifferenziata e promiscua. Alla luce di ciò, tenendo conto dei principi chiariti dalla Cassazione, è quindi da ritenersi esclusa qualsivoglia violazione dei parametri imposti dall'articolo 2094, adeguatamente considerati dal giudice del merito.