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Licenziamenti collettivi: legittimo limitare la platea dei lavoratori interessati

Pubblicato il 03 giugno 2021 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi;

Per la Corte di cassazione (sezione lavoro, 28 maggio 2021, n. 14677 , ma si vedano anche i numeri 14673, 14674, 14675 e 14676), in alcune specifiche ipotesi, è corretto limitare la platea dei lavoratori interessati da una procedura di licenziamento collettivo.
Nel dettaglio, si tratta di una scelta che non può che essere avallata in tutti i casi in cui la ristrutturazione aziendale alla base dei recessi riguardi esclusivamente un'unità produttiva o uno specifico settore dell'azienda: in tale ipotesi, è ben possibile che della procedura siano interessati esclusivamente gli addetti a esso, sulla base di oggettive esigenze aziendali.
In ogni caso, la legittimità della delimitazione della platea dei lavoratori da licenziare è subordinata all'indicazione nella comunicazione preventiva da dare alle rappresentanze sindacali sia delle ragioni per le quali i licenziamenti sono limitati ai dipendenti di una certa unità o di un determinato settore, sia delle ragioni per cui il datore di lavoro non ritenga di ovviarvi con trasferimento ad altre unità produttive vicine. Solo in tal modo, infatti, è possibile consentire alle organizzazioni sindacali la verifica dell'effettiva necessità dei programmati licenziamenti.
Inoltre, e questo presupposto risulta davvero imprescindibile, occorre che i lavoratori ai quali sia stata delimitata la procedura abbiano delle professionalità specifiche, infungibili rispetto alle altre. Non bisogna insomma trascurare il possesso di professionalità equivalenti a quelle di dipendenti addetti ad altre realtà organizzative.
A tale proposito si consideri, ad esempio, che nel caso di specie l'infungibilità delle mansioni era stata posta in correlazione con la peculiarità di ciascuno dei siti produttivi dell'azienda, ognuno dei quali trattava delle distinte commesse, che necessitavano di una formazione diversa e specifica. Spostare i lavoratori dall'uno all'altro sito non risultava possibile, se non attuando degli interventi formativi, organizzativi e logistici che l'azienda, per le condizioni economiche nelle quali versava, non era in grado di sostenere.
Oltretutto, l'esigenza formativa di ciascun lavoratore determina l'acquisizione di un nuovo bagaglio di conoscenze ed esperienze che ne incrementa la professionalità, diversificandola e rendendola adeguata a mansioni che non possono più essere considerate omogenee a quelle svolte in precedenza.
Così, la platea dei lavoratori interessati dalla procedura è stata limitata a un solo sito produttivo e tale soluzione è stata considerata corretta dalla Cassazione, la quale ha anche ricordato che, se è vero che la legge impone al datore di lavoro di valutare i criteri di selezione del personale da licenziare in maniera globale, è anche vero che è ben possibile che da tale comparazione si decida di accordare prevalenza a uno solo di essi, ad esempio a quello coincidente con le esigenze tecnico-produttive, in quanto giudicato più coerente con le finalità del licenziamento collettivo.

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