Incertezza sui termini di decadenza per le componenti di bilancio riportate in più periodi di imposta. È questo in estrema sintesi il rigoroso orientamento della Cassazione e che, inevitabilmente, si riflette negativamente sul rapporto Fisco-contribuente. Secondo le Sezioni Unite (sentenza n. 8500/2021) in caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale per ragioni diverse dall’errato computo del singolo rateo dedotto e concernenti il fatto generatore, la decadenza del potere di accertamento va verificata rispetto ad ogni singola annualità. Più recentemente la Cassazione (n. 18370/2021) ha esteso i principi delle Sezioni Unite ad altre fattispecie. In particolare, si trattava del conto “finanziamento soci infruttifero”. La Corte ha precisato che, ai fini probatori, sarà poi il contribuente a dover dimostrare la corretta e regolare accensione del finanziamento infruttifero in un determinato periodo, della provenienza della provvista. In altri termini il contribuente è tenuto a dimostrare anche poste formatesi in esercizi ormai decaduti. Tale orientamento sembra trascurare i principi affermati dalla Consulta in tema di decadenza. La Corte costituzionale, interpellata più volte sul punto, ha costantemente affermato (ordinanze n. 107/2003, n. 352/2004 e n. 280/2005) che l’interprete deve ricercare, soltanto una ricostruzione del sistema che non lasci il contribuente esposto, senza limiti temporali, all’azione esecutiva del fisco, in quanto (ordinanza n. 280/2005) ciò non è consentito dall’articolo 24, Costituzione.