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Registro, acconti equiparati alla caparra confirmatoria

Pubblicato il 11 aprile 2024 SOLE 24ORE, EUTEKNE

Si chiuderà quasi definitivamente, tranne che per gli atti giudiziari, con l’entrata in vigore della riforma dell’imposta di registro (approvata in bozza dal Consiglio dei ministri del 9 aprile), la plurisecolare era del pagamento di questo tributo solo dopo che ne sia stata effettuata la liquidazione da parte degli uffici dell’Agenzia: un sistema già ampiamente superato in passato, in particolare con l’introduzione dell’autoliquidazione per i notai e per i contratti di locazione.
In sostanza, per registrare un atto si dovrà in ogni caso preventivamente provvedere al pagamento dell’imposta di registro applicabile (nonché, se del caso, delle connesse imposte ipotecaria e catastale), con il rischio che, in caso di errata autoliquidazione, l’ufficio notifichi al contribuente un avviso di liquidazione della maggior imposta dovuta, unitamente alla sanzione del 30% sul maggior importo, da pagarsi entro 60 giorni (il rispetto di questo termine comporterà peraltro la riduzione a un terzo della predetta sanzione).

Acconti e caparre confirmatorie
La bozza della legge di riforma dispone l’equiparazione della tassazione degli acconti e delle caparre confirmatorie: l’aliquota dello 0,50 %, oggi applicata alla caparra confirmatoria, verrà estesa anche alla tassazione degli acconti, per i quali oggi si dovrebbe versare il 3 per cento. «Dovrebbe» perché, nella massima parte dei casi, la maggior tassazione degli acconti rispetto alle caparre determina che quasi mai, nella prassi professionale, si fa ricorso agli acconti e si predilige denominare in termini di caparra confirmatoria i pagamenti che si effettuano anteriormente al contratto definitivo.
Un altro passaggio importante è la norma della prevista riforma secondo la quale la tassazione del contratto preliminare non può superare quella del contratto definitivo, con ciò risolvendo finalmente il problema di dover attivare una pratica di rimborso.

Cessione di aziende
La riforma esplicitamente sancisce che se il compendio ceduto comprende diritti di credito, per essi si applica l’aliquota dello 0,5% (soluzione quest’oggi contestata da taluni uffici, i quali invero pretendono di applicare il 3 per cento). Probabilmente, questa esplicita indicazione della bozza di riforma serve come solido argomento per dare consistenza alla opinione che sostiene l’appropriatezza, già in base alla legislazione vigente, della tassazione con l’aliquota dello 0,5 per cento.

Cessione di diritti edificatori
Viene esplicitamente introdotta nella legge di registro la menzione degli atti di cessione della volumetria, oggi non contemplati. Dopo un bailamme interpretativo durato alcuni anni e che vedeva fronteggiarsi la tesi dell’atto di natura immobiliare (sostenuta dall’Agenzia e di qualche magistratura) alla tesi dell’atto di natura mobiliare (alfine accolta dalla Cassazione), oggi è pacificamente quest’ultima la soluzione adottata, che la riforma, dunque, cristallizza in modo espresso, indicando l’aliquota del 3 per cento (e le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa).

Collazione
Un importante capitolo della bozza di riforma concerne anche la tassazione delle divisioni ereditarie: qualora si debba effettuare la collazione delle donazioni, è disposto, da un lato, che nel calcolo del valore della massa comune e dei singoli assegni si deve tener conto dell’aumento di valore che deriva appunto dall’operazione di collazione, ma che, d’altro lato questo aumento di valore non concorre alla formazione della base imponibile della divisione.
Non si tratta di una novità, perché nella pratica già ci si comporta in questo modo: ma l’attuale mancanza di una disciplina legislativa esplicita sul punto talora genera perplessità operative che, dunque, la riforma concorre a fugare (anche in questo caso rappresentando un consistente avallo alle soluzioni che nella prassi, già oggi, si adottino in tal senso).

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