Le nuove regole restrittive sulle società controllate estere fanno riferimento al “mercato dello Stato o territorio di insediamento”. Cioè, per poter legittimamente disapplicare le disposizioni antielusive è necessario che la Cfc svolga un’effettiva attività industriale o commerciale nel “mercato” dello Stato estero. La disposizione deve essere intesa in senso estensivo: cioè, l’esimente può essere riconosciuta solo quando la società estera produce bene e servizi, li vende e si approvvigiona in un certo territorio che non necessariamente deve corrispondere con lo Stato di insediamento. In tal modo, la norma - la cui finalità si ricorda è quella di evitare che i redditi prodotti nel Paese di residenza siano trasferiti in altro Stato a fiscalità inferiore a quella d’origine, attraverso la costituzione di società dove far confluire i redditi realizzati tramite operazioni commerciali più o meno fittizie – potrebbe evitare di subire censure da parte della Ue e consentire a insediamenti reali di poter operare competitivamente all’estero. Infatti, dato che la Corte di giustizia dell’Unione Europea mira ad evitare le costruzioni puramente artificiose, il riferimento al “mercato estero” inteso come fonte di vendita, ma anche di approvvigionamento, che non si ferma però al solo Stato di insediamento, ma si rivolge all’intera area in cui la società opera è di fatto un’apertura necessaria per una corretto sviluppo della competitività del mercato. A tal proposito, per evitare che l’interpretazione della modifica normativa possa portare a degli errori passibili anche di censure comunitarie, si resta in attesa della circolare delle Entrate, che dovrebbe fornire una chiara interpretazione di questo aspetto molto dibattuto, eliminando ogni dubbio proprio attraverso un’interpretazione “estensiva” del termine “mercato di riferimento” che dovrebbe appunto riferirsi ad una nozione più ampia dei puri confini geografici del territorio di insediamento per considerare, invece, l’intera area geografica circostante.
weekly news 09/2010