Di contenzioso tributario nell’ambito degli studi di settore in considerazione di quanto stabilito da ben 4 sentenze del 2009 delle Sezioni unite della Cassazione - nn. 26635, 26636, 26637 e 26638 - si occupa la circolare n. 19 del 14 aprile 2010 emessa dall’agenzia delle Entrate. In verità, nella circolare non si fa che ribadire il contenuto della pregressa circolare 5/E/2008. Il principio basilare è quello del giusto procedimento amministrativo: “la procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata in relazione ai soli standards in sé considerati, ma nasce in esito al contraddittorio con il contribuente” (Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza n. 26635 del 18 dicembre 2009). Dunque, rivolgendosi ai propri uffici, l’Agenzia ricorda che nella gestione del contenzioso pendente in materia, l’elemento determinante per adeguare alla concreta realtà economica del singolo contribuente l’ipotesi dello studio di settore è il contraddittorio, risultando viziati gli avvisi di accertamento basati sugli studi di settore applicati senza che sia stata attivata la fase del contraddittorio con il contribuente. Ne consegue che senza l’attivazione del contraddittorio preventivo, puntualmente rilevata dal contribuente nel corso del giudizio di prime cure, gli uffici dovranno abbandonare la controversia. In caso di inerzia del contribuente la mancata risposta all’invito al contraddittorio costituisce elemento indiziario convergente a supportare la corrispondenza a realtà dell’accertamento. Tuttavia, la Cassazione ha affermato che davanti al giudice tributario il contribuente potrà proporre ogni eccezione e prova che è utile alla sua difesa, senza essere vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo, e anche nel caso in cui egli all’invito al contraddittorio non abbia risposto restando inerte.
weekly news 15/2010