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La Sezione lavoro della Cassazione si esprime sui lavoratori disabili e sui contratti a termine

Pubblicato il 20 settembre 2010 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

La Sezione lavoro della Cassazione si esprime sui lavoratori disabili e sui contratti a termine - lunedì 20 settembre 2010

La Sezione lavoro della Corte di Cassazione, in data 10 settembre, ha rilasciato due importanti pronunce riguardanti le fattispecie dei lavoratori invalidi e dei lavoratori a termine. Con la sentenza n. 19349/2010, la Corte ha respinto il ricorso di una società nei confronti di un lavoratore che a causa di una diversa abilità era stato prima avviato al lavoro e poi sospeso per gli accertamenti medici. La Asl competente doveva, infatti, accertare la sua utilizzabilità presso l’impresa. Dopo un lungo periodo di attesa, la commissione medica ha ritenuto idoneo il lavoratore per le mansioni sedentarie. Il lavoratore si è così rivolto al giudice per ottenere il pagamento delle retribuzioni spettanti relative al periodo intercorso tra la data della sospensione e l’effettivo reinserimento in servizio. L’impresa si è opposta chiedendo la condanna della Asl, visto il ritardo impiegato nell’effettuare la visita. I giudici di merito hanno accolto la domanda del lavoratore e condannato l’impresa a reintegrare in servizio il lavoratore corrispondendogli anche le retribuzioni non pagate durante il periodo di sospensione. Per la Corte, infatti, l’impresa non ha fornito prove di non poter utilizzare il suddetto lavoratore in altre mansioni ed è del tutto irrilevante il ritardo compiuto dalla Als nell’effettuare le visita di controllo, dato che esso era imputabile a ragioni organizzative non verificabili. Dunque, il semplice fatto che il giudizio della commissione medica sia positivo impone, di fatto, al datore di lavoro l’onere di pagare le retribuzioni maturate e non corrisposte. La Corte di Cassazione – sentenza n. 19365/2010 – ha ribadito che la norma di legge che regola il contratto a termine prevede che la proroga del suddetto tipo di contratto è ammessa solo con il consenso del lavoratore e per non più di una volta, per un periodo di tempo non superiore alla durata del contratto iniziale. Ovviamente, vi deve essere una motivazione eccezionale che spinge l’azienda ad avanzare la suddetta richiesta e ci si deve riferire alla stessa attività. Solo in tali circostanze, la Corte riconosce che le esigenze contingenti e imprevedibili, diverse da quelle che avevano giustificato l’apposizione originaria di un termine al contratto possono valere e giustificare il “prolungamento” del contratto. Ciò, anche nel caso in cui il nuovo accorto che porta alla proroga del contratto sia stato autorizzato dall’ispettorato del Lavoro.

weekly news 38/2010

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