Con la sentenza n 19489 del 13 settembre 2010, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal Fisco contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che aveva dichiarato l'illegittimità parziale degli avvisi di accertamento ai fini Iva, Irpeg e Irap relativi agli anni 1999 e 2000 di una Srl - dedita alla fornitura di reattivi chimici a depuratori, aziende zootecniche, piscine - dichiarandoli nulli. La Corte, con la pronuncia in esame, sovverte la precedente giurisprudenza di merito sull’argomento e afferma che: “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’onere della prova circa l’esistenza ed inerenza dei componenti negativi del reddito incombe al contribuente”. Dunque, la sentenza ribadisce che i costi dei quali l’impresa non riesca a dimostrare l’inerenza non sono deducibili dal reddito, incombendo sul contribuente il relativo onere della prova. L’attenzione viene (di nuovo) posta sul concetto di inerenza dell’attività d’impresa, che da sempre ha creato vere spaccature in ambito giurisprudenziale. Anche in questo caso, i giudici Supremi non hanno definito in modo del tutto esaustivo quali sono le attività, di conseguenza le spese inerenti e, quindi, deducibili ma hanno semplicemente negato la posizione dei giudici di merito poiché diametralmente opposta. Pertanto, per dedurre i costi relativi all’attività di assistenza della clientela e quelli sostenuti per le ricerche di mercato è necessarioche l’azienda provi la loro inerenza rispetto all’attività d’impresa. La prova citata può essere fornita anche con mezzi diversi dalle scritture contabili, purchè sempre avvalorati da elementi certi e precisi, sebbene ciò non voglia significare attenuare la regola sulla ripartizione dell’onere della prova.
weekly news 39/2010