Porta la data dell’8 ottobre 2010 la circolare n. 52 a firma delle Entrate, con cui fanno il punto sugli adempimenti che gli uffici devono porre in essere nel momento in cui avviano accessi, ispezioni e verifiche verso contribuenti che di fronte alle somme accertate oppongono lo “scudo fiscale”. Si ricorda che il Dl 78/2010 ha disposto un’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di rimpatrio. Il pagamento di tale imposta produce effetti preclusivi, con riguardo agli accertamenti tributari e contributivi, ed estintivi delle sanzioni amministrative, tributarie e previdenziali. Il contribuente che vuole opporre all’Amministrazione finanziaria gli effetti preclusivi ed estensivi di cui sopra, deve farlo all'inizio dell'attività di indagine cui è sottoposto o in ogni caso entro i 30 giorni successivi all’avvio delle azioni di accertamento. In presenza di questa opposizione, l’ufficio che procede all’accertamento deve effettuare una serie di valutazioni e di adempimenti attenendosi a quanto disposto dall’Agenzia. Nello specifico, che: i) l’ufficio che procede al controllo acquisisca la dichiarazione riservata e riscontri l’autenticità chiedendo all’intermediario che l’ha ricevuta una copia di quella in suo possesso. Inoltre, l’ufficio deve risalire ad alcune informazioni essenziali quali la data di conferimento dell’incarico, la data e gli estremi del versamento dell’imposta straordinaria, la data e le modalità di presa in carico delle attività scudate indicate nella dichiarazione riservata; ii) per convalidare gli effetti preclusivi ed estintivi, l’Agenzia accerti che le attività patrimoniali e finanziarie fossero detenute fuori dal territorio dello Stato alla data del 31 dicembre 2008 e che esse siano state rimpatriate in Italia o regolarizzate all’estero; iii) l’ufficio richieda al contribuente tutte le informazioni che provano l’effettiva detenzione dell'attività all'estero. Si deve indicare per ciascuna attività finanziaria o patrimoniale qual era lo Stato estero che la deteneva alla data del 31 dicembre 2008 e in che modo essa fosse detenuta (conto corrente, affidamento a fiduciari nel caso di denaro, azioni o fondi di investimento); iiii) nel caso di gioielli o opere d’arte, e di investimenti di altra natura, l’ufficio chiede che sia specificata la tipologie. Effettuati questi controlli, gli uffici sono chiamati anche ad appurare l’effettiva operatività degli elementi preclusivi ed estintivi opposti dal contribuente con riguardo agli imponibili o maggiori imponibili dei quali sia contestata l’omessa dichiarazione. Ad esempio, per acclarare la validità dell’emersione è necessario che non sussistessero, al momento della presentazione della dichiarazione riservata, attività di accertamento già notificate al contribuente. Si ricorda che una condizione della norma sullo scudo fiscale è che per accedere alla procedura di emersione, le attività oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione dovevano essere detenute all’estero alla data del 31 dicembre 2008. La prova della tenuta all’estero delle attività regolarizzate va fornita dal contribuente. Ma, in molti casi essa risulta difficile da fornire, soprattutto se durante il periodo d’imposta 2009 sono incorsi dei disinvestimenti e successivi nuovi investimenti, prima che venga presentata la dichiarazione riservata. In sede di accertamento, i verificatori devono ricercare le prove che le attività erano detenute all’estero a quella data. Per gli uffici del Fisco la verifica non è più solo quella formale della presentazione della dichiarazione riservata, ma diviene un vero e proprio esame di qualità che potrebbe non mettere più i contribuenti al riparo da eventuali violazioni fuori scudo. Il controllo deve diventare più serrato così che gli uffici potranno entrare in possesso di elementi ulteriori e documenti attinenti al rimpatrio e alla regolarizzazione. Nel caso in cui vi dovesse essere un fondato motivo per ritenere l’insussistenza del presupposto della detenzione all’estero dei beni scudati alla data del 31 dicembre 2008, i verificatori potranno procedere al disconoscimento degli effetti premiali dello scudo e, se ve ne sono le motivazioni, inoltrare la denuncia alla competente autorità giudiziaria. Le critiche non hanno tardato ad arrivare. Per molti la richiesta di ulteriori prove documentali contrasta con il diritto alla riservatezza cui fanno affidamento tutti coloro che decidono di avvalersi della sanatoria dello scudo per rimpatriare capitali esteri. I professionisti, invece, lamentano il poco tempo a disposizione dei contribuenti per la presentazione della dichiarazione riservata (trenta giorni successivi a quello in cui si riceve formale conoscenza di un avviso di accertamento), che potrebbe risultare ancora più insufficiente alla necessità di integrare con documentazione aggiuntiva.
weekly news 41/2010