Con la sentenza n. 1375 del 30 settembre 2010, il Tribunale di Velletri ha stabilito che nella valutazione del reato di dichiarazione infedele per evasione dell’Iva devono essere considerate tutte le voci che nella dichiarazione concorrono alla determinazione della base imponibile. Dunque, non solo, come sosteneva la GdF, quegli elementi attivi cui corrisponde un’aliquota diversa da zero, ex articolo 4, lettera b) del decreto 74/2000. La parte del decreto citato stabilisce che la dichiarazione infedele coincide con la mancata dichiarazione di elementi attivi, o di elementi passivi fittizi, di ammontare particolarmente rilevante: “è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente: a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro 103.291,38 (lire duecento milioni); b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro 2.065.827,60 (lire quattro miliardi)” (testo aggiornato nel 2008).
weekly news 44/2010