Il ricorso di un imprenditore che non ha ottemperato agli obblighi contributivi Inps nei confronti di alcuni lavoratori clandestini impiegati nella propria azienda non è stato accolto dalla Corte di Cassazione. Con la sentenza n. 22559 del 5 novembre 2010, la Sezione lavoro della Corte ha integralmente respinto il ricorso presentato dall'imprenditore, che risultava indagato anche da un punto di vista penale e che riguardo all’accusa di impiego di lavoratori senza regolare permesso di soggiorno era arrivato ad un patteggiamento. L’Inps, a seguito di un’ispezione, aveva spiccato un verbale di accertamento con cui chiedeva i contributi per i lavoratori clandestini. L’imprenditore si era giustificato sostenendo che: “essendo stata accertata con sentenza di patteggiamento la assunzione di lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno, favorendo la permanenza nel territorio dello Stato, tale reato impedisce l'emersione degli effetti propri di un contratto lecito o di un rapporto di lavoro di fatto illegittimo, e l'Inps non può chiedere il pagamento dei contributi evasi”. I Supremi giudici hanno interpretato in modo diverso la vicenda e hanno stabilito, una volta per tutte, che l’azienda è tenuta a versare i contributi all’Inps anche per i lavoratori clandestini “dal momento che il reato di aver favorito la permanenza di clandestini nel territorio dello Stato non impedisce l'emersione degli effetti propri del contratto di lavoro e l'obbligo di pagare i contributi evasi”.
weekly news 46/2010