La via per una risoluzione arbitrale delle liti sul lavoro, in alternativa al ricorso diretto al tribunale, è stata introdotta nel nostro ordinamento del Collegato lavoro (legge. 183/2010).Scopo della norma è di velocizzare e risparmiare tempo in tutte le ipotesi in cui si intenda verificare la legittimità e la correttezza dei comportamenti nell'ambito di un rapporto di lavoro o di collaborazione. Il rinvio della legge è all’articolo 31, che disciplina appunto le ipotesi di conciliazioni e arbitrato. Nello specifico, riferendosi all’arbitrato, l’articolo 31 del Collegato riscrive integralmente l’articolo 412 C.p.c (Risoluzione arbitrale della controversia), stabilendo che: “in qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possono indicare la soluzione, anche parziale, sulla quale concordano, riconoscendo, quando è possibile, il credito che spetta al lavoratore, e possono accordarsi per la risoluzione della lite, affidando alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia”. Nelle controversie individuali di lavoro, le parti contrattuali possono pattuire clausole compromissorie, che rinviano alle modalità di esecuzione dell’arbitrato (artt. 412 e 412-quater del Cpc) quando è previsto da accordi interconfederali e contratti collettivi di lavoro stipulati dalle maggiori organizzazioni nazionali dei lavoratori e dei datori di lavoro. Inoltre, la clausola compromissoria deve essere certificata da una commissione di certificazione dei contratti di lavoro che attesti, all’atto della sottoscrizione della clausola stessa, l'effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri la controversia.La clausola compromissoria non può essere pattuita e sottoscritta prima della conclusione del periodo di prova e, inoltre, non può riguardare controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro; vale a dire in caso di licenziamenti. Il tentativo di conciliazione si intende espletato decorsi inutilmente 60 giorni dalla presentazione della richiesta.L’arbitrato non produce mai una sentenza, ma porta alla sottoscrizione di un “lodo”, che deve essere autenticato dagli arbitri. Questi, in numero di 2/3, emettono la loro pronuncia contenente la soluzione del caso ritenuta più appropriata. Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato produce tra le parti gli effetti di cui agli articoli 1372 e 2113, quarto comma, del Codice civile. Il lodo è impugnabile ai sensi dell’articolo 808-ter. Sulle controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale irrituale decide in unico grado il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo. Decorso tale termine, se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale o il ricorso è stato respinto dal tribunale, il lodo è depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto.
weekly news 08/2011