Le dichiarazioni spontanee fatte dall’imprenditore o da un dipendente durante un’ispezione effettuata in azienda dalla Guardia di Finanza possono essere utilizzate come prove della sua colpevolezza, anche se sono state rese in assenza del difensore. Di conseguenza, il sequestro preventivo per equivalente, che si fonda anche su queste dichiarazioni, è da considerarsi legittimo: infatti, tali dichiarazioni, che sono state rese spontaneamente da parte dell’indagato, possono essere utilizzate nella fase delle indagini preliminari e in materia di misure cautelari.
Questo è il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 21855 del 1° giugno 2011. La pronuncia risulta particolarmente interessante, data la frequenza dei casi in cui durante le verifiche fiscali i verificatori si trovano in condizione di acquisire in atti le dichiarazioni dei contribuenti, senza la presenza dei loro avvocati. La rivelazione spontanea, secondo i Supremi giudici, può essere legittimamente utilizzata sia nella fase delle indagini preliminari sia ai fini dell’applicazione delle misure cautelari.
Di diverso avviso era stato il tribunale del riesame che, accogliendo la richiesta del ricorrente, aveva disposto l’annullamento della confisca, giudicando non valido il “colloquio” con gli agenti in assenza del difensore. La Corte di Cassazione, invece, ritiene perfettamente utilizzabili le dichiarazioni rese sulla base di un orientamento ormai consolidato. Era, poi, onere del contribuente dimostrare che l’importo prelevato non fosse stato indicato nella dichiarazione presentata, perché irrilevante ai fini dichiarativi. Cosa che invece non era stato fatto.
weekly news 22/2011