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Amministratori di societa'. La verifica del rischio 231 piu' un obbligo che una facolta'

Pubblicato il 28 novembre 2011 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

L’Istituto di ricerca del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, il 10 novembre ha emanato la circolare n. 26/Ir, con la quale vengono forniti alcuni importanti chiarimenti in merito all’adozione dei modelli organizzativi per prevenire la responsabilità da reato da parte degli amministratori di società.
Scopo della circolare è quello di chiarire se l’adozione dei suddetti modelli debba farsi rientrare tra le attività obbligatorie degli amministratori in ragione della carica dagli stessi assunta oppure essere considerata una possibilità ad essi riconosciuta in grado di soddisfare esclusivamente una necessità di controllo volontario del rischio.
Secondo le norme del Dlgs n. 231/2001 - istitutivo della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti – è contemplata l’adozione dei modelli di organizzazione e gestione (Mog) per la prevenzione di determinati reati, mettendo l’amministratore al riparo dalla responsabilità per eventuali reati commessi nel proprio interesse o vantaggio. Dal momento dell’entrata in vigore del suddetto decreto legislativo è stata sostenuta la facoltatività di tali modelli, la cui efficacia è subordinata ad una valutazione di idoneità da parte del giudice, così da poter consentire di affrancare l’ente dall’applicazione di pesanti sanzioni pecuniarie e interdittive.
Con il nuovo documento interpretativo, l’Istituto di ricerca del Cndcec ha voluto distinguere più che altro l’obbligo di adozione dei modelli dall’obbligo di verifica dell’esposizione al “rischio 231”.
È stato ribadito, infatti, che pur non esistendo un vero e proprio obbligo normativo che impone l’adozione del modello, la sua corretta assunzione e successiva implementazione devono considerarsi una sorta di “dovere” connesso con la carica di amministratore. L’adozione di modelli organizzativi diventa, dunque, una precisa scelta di governance, dal momento che è innegabile che gli amministratori, ai quali spetta il compito di vigilare sul generale andamento della gestione, diventano responsabili se non adempiono a tale obbligo o se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non ne hanno impedito il compimento o limitato le conseguenze dannose.
Dunque, la decisione di identificare il rischio-reato e la sua conseguente gestione, per cercare di ridurre al minimo la possibilità che l’evento stesso si verifichi, entra a far parte di una precisa politica aziendale che necessariamente deve essere definita a priori dagli amministratori dell’ente nel rispetto delle norme attinenti la cura e la vigilanza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società. Proprio tali norme, infatti, definiscono la responsabilità civile degli amministratori per omessa adozione dei cosiddetti modelli 231.
Di qui, la conclusione che l’adozione dei modelli 231 è da considerare come un onere e che in loro assenza scaturisce una responsabilità per l’amministratore che non è tanto legata alla mancata adozione del modello in sé, quanto piuttosto all’omessa valutazione in merito all’opportunità di prevenire i reati contemplati dal DLgs. 231/2001 attraverso l’elaborazione del modello stesso. weekly news 48/2011

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