La Corte di Cassazione con sentenza n. 11588 depositata in data 26 marzo c.m. ha sancito che non si commette reato se non viene provato che le fatture “false” siano state registrate in contabilità.
Ad una società veniva contestato l’utilizzo di fatture false, in base all’art. 2 del D.Lgs, n. 74/2000, emesse da un contribuente “fornitore”.
Gli elementi di accusa consistevano nel caso in questione nell’esistenza delle fatture e nelle dichiarazioni degli interessati.
Il Tribunale, in prima istanza, e la Corte di Appello, in seconda istanza, confermavano la colpevolezza dell’imputato. Con ricorso per cassazione si metteva in evidenza che non era stata provata la contabilizzazione delle fatture in questione, né il loro inserimento della dichiarazione. Gli inquirenti si erano limitati a sequestrare la fatture.
La Cassazione ha messo in evidenza che il richiamato art. 2 del D.Lgs. n.74/2000 sanziona chiunque, al fine di evadere le imposte, avvalendosi di documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni presentate relative a dette imposte “elementi passivi fittizi”. Il fatto, inoltre, si considera commesso quando tali fatture sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie.
In sostanza devono coesistere le due circostanze per poter configurare la condotta “di avvalersi” delle fatture false.
Non essendovi la prova di tali circostanze, ma soltanto esistenza di documenti e dichiarazioni di parte e di un verificatore che peraltro aveva assunto notizie da un altro reparto della GdF, la Cassazione ha emesso la sentenza di assoluzione.
weekly news 13/2012