La Corte di cassazione, Sezione Tributaria, con la sentenza n. 9339 dell’8 giugno 2012, ha ribaltato la decisione con cui il giudici di appello avevano respinto le doglianze di una contribuente a cui l’Agenzia delle entrate aveva risposto negativamente, nel 2007, rispetto ad una richiesta di rimborso esposta nella dichiarazione dei redditi del 1994.
Revisionando il precedente indirizzo interpretativo di legittimità, la Suprema corte ha spiegato che, di fronte all’esposizione di un credito di rimborso del contribuente nella propria dichiarazione dei redditi, “l’amministrazione finanziaria è tenuta a provvedere sulla richiesta di rimborso, salvo diversa espressa previsione normativa, nei medesimi termini di decadenza stabiliti per procedere all'accertamento in rettifica”.
Una volta decorso il predetto termine senza l’adozione di alcun provvedimento, “il diritto al rimborso esposto nella dichiarazione si cristallizza nell'''an'' e nel ''quantum” e il contribuente potrà agire in giudizio a tutela del proprio credito nell'originario termine di prescrizione dei diritti”.
In tale contesto il Fisco non è più legittimato alla contestazione dei fatti che hanno originato la pretesa di rimborso, “salve le eccezioni volte a fare valere i fatti sopravvenuti impeditivi modificativi o estintivi del credito”.
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