Con la sentenza n. 14726/2012, della Seconda sezione civile della Corte di Cassazione, depositata il 30 agosto, si chiude il contenzioso tra un commercialista e un imprenditore.
Il commercialista aveva richiesto al giudice di emettere un parere ingiuntivo per farsi pagare le parcelle fatturate nel corso degli anni. Sul compenso dovuto al professionista, sia l’Ordine che alcune testimonianze raccolte avevano espresso parere positivo.
L’imprenditore è ricorso in tutti i gradi di giudizio, ritenendo che la fattura emessa dal professionista provasse che l'importo fatturato non fosse quello pattuito e che il parere di congruità del compenso dato dal Consiglio dell'Ordine avesse solo un valore astratto.
La Cassazione, respingendo il ricorso e ponendo fine alla lunga questione, precisa che: “con adeguata e corretta motivazione, la Corte di merito ha ritenuto che l'entità e la natura delle prestazioni effettuate dal professionista risultavano provate non solo dalla valutazione di congruità espressa dal Consiglio dell'ordine dei commercialisti sulla relativa parcella, ma anche dalla prova testimoniale ed ha osservato, inoltre, che l'appellante non aveva mosso specifiche censure su detto parere né aveva offerto elementi da cui desumere l'inattendibilità degli elementi di valutazione offerti dal professionista”.
Dunque, il parere dell’Ordine e le testimonianze di terzi sono sufficienti per giustificare la parcella e per far ottenere al professionista il compenso fatturato. Il cliente non può basare il suo ricorso sull’inesistenza di prove certe. Per la Corte, i giudici di merito avevano ben motivato la loro decisione attenendosi in modo logico alle testimonianze e al parere dell’Ordine portati in giudizio dal commercialista.
weekly news 35/2012