Con le pronunce relative alle cause C-273/11 e C-324/11 la Corte di giustizia Ue interviene in tema di Iva nelle cessioni intracomunitarie, stabilendo che:
- per negare la detrazione Iva deve essere dimostrata la conoscenza da parte del soggetto passivo della frode fiscale del soggetto che ha acquistato beni o servizi (mancanza di buona fede);
- non è necessario che la controparte abbia il numero di identificazione Iva (status di imprenditore).
La sentenza della causa C-324/11 del 6 settembre 2012 contraddice quanto affermato dalle Entrate, nelle pregresse circolare 39/2011 e risoluzione 42/2012. Nella prassi citata si spiega che non è possibile effettuare operazioni intracomunitarie senza l'iscrizione al Vies, pertanto al soggetto passivo la detrazione viene negata se il cedente perde lo status di imprenditore, ossia la soggettività passiva. Al contrario, la Corte Ue conferma il carattere oggettivo dello status di soggetto passivo, che persiste anche se viene meno la concessione di autorizzazioni o licenze rilasciate dall'amministrazione, poiché tale carattere sussiste per la circostanza di fatto dell'esercizio di una attività economica.
Anche con la sentenza della causa C-273/11 del 6 settembre 2012, si ribadisce il carattere oggettivo delle cessioni intracomunitarie: basta che la merce lasci il territorio del Paese Ue di cessione non avendo alcun valore la circostanza che la controparte disponga o meno di un numero di identificazione Iva. Nel caso di specie, si chiarisce che è necessario dimostrare la malafede del venditore soggetto passivo (cioè che fosse a conoscenza degli illeciti e non avesse richiesto le garanzie di legge) per negare la detrazione Iva per operazioni effettuate dell’acquirente in circostanze fraudolente. Inoltre, è fatto presente che il venditore non può essere considerato responsabile e penalizzato per il fatto che, a cessione avvenuta, il numero di partita Iva dell'acquirente sia stato cancellato retroattivamente.
weekly news 36/2012