Se dal contratto infragruppo che regola il rapporto tra la capogruppo estera e le consociate italiane risulta dettagliatamente quali sono i servizi resi a livello centrale, va riconosciuta l’inerenza dei componenti negativi di reddito ai sensi dell’articolo 109, comma 5 del Tuir e, di conseguenza, la loro deducibilità dal reddito di esercizio da parte delle società italiane.
A specificarlo la sentenza 80/27/12 della Ctr Lombardia, che ribaltando il giudizio di primo grado, che aveva sostenuto la tesi del Fisco secondo cui i costi addebitati non potevano essere dedotti dal reddito delle società italiane in quanto non documentati e carenti del requisito di inerenza, ha specificato che “il concetto di inerenza deve essere interpretato in forma estensiva”, tenendo conto dell'oggetto sociale dell'impresa e dunque riferendolo a una ”astratta utilità, con l'unico limite della manifesta antieconomicità, che deve, peraltro, essere provata dall'ufficio”.
Nelle motivazioni dei giudici milanesi si legge che la deducibilità dei costi deve essere riconosciuta anche sulla base di quanto specificato dalle linee guida Ocse del 1995 in materia di transfer pricing, che espressamente citano anche il rapporto tra il fatturato delle capogruppo e quello di ogni sua singola consociata: metodo quest’ultimo effettivamente applicato nel caso di specie.
Ne consegue che le spese addebitate dalla capogruppo estera alle consociate italiane possono essere dedotte dal reddito di queste ultime se i servizi cui si riferiscono risultano essere funzionali all’attività svolta proprio dalle singole consociate. Si tratta, infatti, di oneri documentati come risulta dalla reportistica esistente, da cui “emerge la coincidenza tra le prestazioni in concreto fornite e quelle previste contrattualmente”, oggettivamente determinabili sulla base di un criterio certo e inerente in quanto sicuramente riferibili in astratto all'attività di impresa svolta.
weekly news 38/2012