La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37071 del 26 settembre 2012, chiarisce che i versamenti sul conto corrente non possono costituire prova sufficiente per configurare il reato tributario, facendo ricorso alla presunzione di ritenere ricavi dell'azienda tutti gli accrediti registrati.
Il caso riguarda un imprenditore condannato per dichiarazione infedele dei redditi ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs n. 74/2000, non avendo saputo giustificare i versamenti registrati sul conto corrente, oltre ad una non corretta tenuta della contabilità.
La Corte specifica che spetta al giudice penale la determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa procedendo d'ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto. Il giudice penale può, per la formazione del suo convincimento, avvalersi degli stessi elementi che determinano presunzioni secondo la disciplina tributaria, a condizione di non assumerli con l'efficacia di certezza legale, ma come dati processuali oggetto di libera valutazione ai fini probatori.
Nel caso specifico ricorrevano ulteriori elementi indiziari quali l’omessa contabilizzazione di nuemerose fatture attive e passive ed altro ancora.
Nel caso di specie viene respinto il ricorso dell'imprenditore e confermata la condanna.
weekly news 39/2012