Secondo i giudici di Cassazione – sentenza n. 19871 depositata il 14 novembre 2012 – il divieto di cui all’articolo 52, comma 5 del DPR n. 633/72 di prendere in considerazione, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, i libri, le scritture e i documenti di cui il contribuente abbia rifiutato l’esibizione, opera non solo nell’ipotesi di rifiuto “doloso” dell’esibizione medesima, ma anche nei casi in cui il soggetto sottoposto ad accertamento dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all’ispezione i documenti in suo possesso, ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto, e, quindi, per colpa.
In tale ipotesi è consentito, per il Fisco, il ricorso al metodo induttivo, risultando irrilevante che l’indisponibilità dei documenti sia incolpevole poiché, comunque, la circostanza in sé integra il requisito normativo dell’incompletezza della contabilità con conseguente inattendibilità delle sue risultanze. Ed infatti, in questo contesto, ogni ulteriore accesso presso la sede del contribuente sarebbe inutile.
Sulla base di queste considerazioni la Suprema corte ha ribaltato la decisione con cui i giudici di merito avevano disposto l’annullamento di un avviso di accertamento Iva notificato ad una società e scaturito a seguito di determinazione induttiva del volume d’affari per omessa esibizione della contabilità.
weekly news 46/2012