Con la risposta all’interpello antielusivo n. 909-416/2012 del 26 marzo 2013 (nota commentata dalla carta stampata ma non pubblicata ufficialmente dall’Agenzia delle Entrate), l’Amministrazione finanziaria si occupa di un caso particolare di leverege buy out messo in atto da un gruppo di società che decidevano di acquistare il pacchetto di maggioranza di un’impresa posseduta solo in parte, con lo scopo preciso di costituire una società ad hoc (veicolo), la quale – una volta portato a termine l’acquisto – si andava a fondere con l’impresa acquisita (target).
Questa operazione di fusione, concordata con gli istituti di credito, era considerata l’unica via possibile per portare a termine l’acquisizione della società comunque considerata vitale e consentire il trasferimento delle risorse finanziarie dalla società target a quella veicolo promotrice dell'iniziativa.
I soggetti istanti nel rivolgersi al Fisco chiedevano se fosse possibile, nel caso di specie, disapplicare la previsione elusiva contenuta nell'articolo 172, comma 7 del Tuir, secondo cui alla società risultante dalla fusione o incorporante è consentito dedurre dal proprio reddito gli interessi passivi delle imprese oggetto della fusione a certe specifiche condizioni e limiti.
L’Agenzia al riguardo precisa che: la fusione di una società appositamente costituita con una in perdita può essere considerata "lecita" dal punto di vista fiscale e non sempre è necessario che l'azienda acquisita debba superare il test di vitalità economica. Inoltre è consentito anche che le perdite fiscali della società che si fonde vengano utilizzate per l’abbattimento del reddito imponibile dell’altra impresa senza con ciò dar origine ad un’operazione elusiva. Anzi, specifica il Fisco che in questo caso l’operazione di fusione si è resa necessaria proprio perché l’acquisizione diretta della controllante non sarebbe stata possibile, data la rilevante esposizione finanziaria di quest’ultima.
Quindi, anche se generalmente l’orientamento tributario e del Fisco è quello di guardare con sospetto a queste operazioni, comunemente note come di acquisto di “bare fiscali” e, dunque, dal chiaro fine elusivo, nel caso di specie, invece, il problema viene affrontato oltre gli schemi rigidi della normativa. Viene evidenziato, infatti, come anche senza il superamento del test di vitalità economica, la funzione vitale della società acquisita emergeva proprio dal complesso dell’operazione stessa. La fusione dunque è considerata come l’unico mezzo per portare a termine l’operazione e per garantire il rientro dell’esposizione debitoria: per tali ragioni la normativa antielusiva non è da considerare applicabile, dato che è dimostrato che la società target non è stata incorporata con l’unico scopo di abbattere il reddito imponibile.
Wekly news 16/2013