I compensi erogati agli amministratori di una società di capitali non possono essere dedotti dal reddito d’impresa se manca una specifica delibera assembleare che lo preveda, anche se la stessa assemblea ha approvato i bilanci in cui tali compensi erano stati contabilizzati e, in virtù della tassazione subita dall'amministratore, l’Erario non ha subito alcun danno.
Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17673 del 19 luglio 2013.
Accogliendo il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, la Sezione tributaria della Corte ha sottolineato che il beneficio fiscale può essere riconosciuto solo nel caso in cui il pagamento all’amministratore sia previsto da una clausola specifica dello statuto oppure da una preventiva delibera assembleare dei soci, dal momento che l’attività di amministratore di società è ricompresa tra i rapporti che hanno per oggetto attività professionale, ma che è svolta senza vincolo di subordinazione nei confronti di un determinato soggetto.
Così, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite (la sentenza n. 21933/2008), i Supremi giudici ribadiscono come il diritto al compenso per gli amministratori è subordinato ad una specifica delibera assembleare, che non può coincidere con quella di approvazione del bilancio d’esercizio anche se in tale sede l’esborso sia stato correttamente contabilizzato. In assenza di una delibera ad hoc, infatti, la deducibilità del costo sostenuto non è ammessa.
weekly news 30/2013