Con la sentenza n. 20800 dell'11 settembre 2013, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso depositato dall'agenzia delle Entrate contro il provvedimento con cui i giudici di merito avevano annullato un avviso di accertamento sintetico con il quale, in applicazione dell'articolo 38 del Dpr n. 600/1973, sulla base di ritenuti incrementi patrimoniali quali, in particolare, l'acquisto di due immobili alienati dal padre al contribuente, erano state liquidate maggiori imposte Irpef, Ilor.
I giudici di legittimità hanno, in particolare, ricordato come nell'ambito degli accertamenti dell'imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, la sottoscrizione di un atto pubblico contenente la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro da parte del contribuente, può sì costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente il reddito da quello posseduto, in base all'applicazione di presunzioni semplici, che l'ufficio finanziario è legittimato ad applicare per l'accertamento sintetico, risalendo dal fatto noto a quello ignoto.
In tale ipotesi, comunque, il contribuente può sempre fornire la prova contraria in ordine al fatto che manchi del tutto una disponibilità patrimoniale, “essendo questa meramente apparente, per avere, l'atto stipulato, in ragione della sua natura simulata, una causa gratuita anziché quella onerosa apparente”.
E nel caso in esame, in presenza di documenti qualificati quali un rogito notarile, il contribuente aveva opposto presunzioni di segno contrario relative alla assenza della propria capacità contributiva, ed aveva, soprattutto, depositato una prova documentale consistita anche nell'allegazione di operazioni di dismissione patrimoniale e del contratto di mutuo, stipulato per l'acquisto di uno degli immobili.
Come già affermato dai giudici di merito, dunque, il contribuente aveva adeguatamente dimostrato la sussistenza dei presupposti di inesistenza degli incrementi patrimoniali contestatigli.