Con sentenza n. 22010 depositata il 25 settembre 2013, la Corte di cassazione ha confermato la legittimità di un recupero a tassazione di interessi passivi disposto dal Fisco nei confronti di una società italiana che aveva ricevuto un finanziamento dalla società controllante tedesca.
L'ufficio finanziario aveva ritenuto che l'operazione fosse elusiva in quanto il tasso di interesse che era stato applicato era superiore a quello medio applicato nel mercato tedesco, per come risultante dai bollettini ufficiali della Bundesbank. Così, mentre in primo grado la Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso della società contribuente, in secondo grado il verdetto era stato ribaltato e la verifica del Fisco era stata ritenuta valida.
Ed anche la Suprema corte si è allineata a questa ultima posizione fornendo, altresì, alcune considerazioni sui criteri di determinazione del “valore normale” delle transazioni infragruppo intercorse tra società collegate con sede in diverse nazioni.
Richiamando le disposizioni del Tuir, i giudici di legittimità hanno, in particolare, evidenziato come l'articolo 110 comma 7 del Tuir abbia introdotto nel sistema una clausola antielusiva volta ad evitare che all'interno del gruppo societario vengano effettuati dei trasferimenti di beni o servizi solo per conseguire dei risparmi di imposta.
Ai sensi della seconda parte dell'articolo 9 del Tuir, inoltre, la determinazione del valore normale deve basarsi, quando è possibile, ai listini o alle tariffe del venditore. Solo in caso di inesistenza, di inapplicabilità o inattendibilità del listino del soggetto venditore, come possibilità sussidiaria e suppletiva, si può poi ricorrere alle quotazioni della camera di commercio.
Era legittimo, pertanto, che nella specie l'Ufficio finanziario avesse fatto riferimento ai tassi medi praticati nel mercato della società capogruppo.