Con la sentenza n. 24914 depositata il 6 novembre 2013, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall'agenzia delle Entrate contro il provvedimento con cui le commissioni tributarie, prima provinciale e poi regionale, aveva ritenuto illegittimo un avviso di rettifica per il recupero a tassazione delle imposte, notificato ad una cooperativa sulla base di un Pvc in cui a quest'ultima era stata contestata la simulazione di alcuni contratti di soccida dissimulanti – a detta della ricorrente - dei contratti di appalto.
La Sezione tributaria civile della Cassazione, in particolare, ha aderito alla comparazione effettuata dai giudici di merito tra i diversi elementi probatori acquisiti nel corso dell'istruttoria; in particolare, con apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, la Commissione tributaria regionale aveva ritenuto che la prova documentale contraria fornita dalla cooperativa fosse adeguata a superare la presunzione legale dell'articolo 53 del Dpr n. 633/72 e che, per contro, mancavano del tutto riscontri probatori alla tesi sostenuta dall'Ufficio secondo cui la società non aveva fornito giustificazioni in ordine alla differenza quantitativa rilevata in ordine al bestiame rinvenuto in sede di accertamento.
Con particolare riferimento alla contestata finalità abusiva del negozio giuridico di soccida, asseritamente concluso – a detta della ricorrente agenzia delle Entrate – esclusivamente al fine di conseguire un risparmio di imposta, la Corte di legittimità ne ha sottolineato l'infondatezza evidenziando che il Fisco, nel corso del giudizio, si fosse limitato ad una digressione sull'evoluzione dell'istituto dell'abuso del diritto senza fornire gli elementi circostanziali e le ragioni di diritto sulla cui base poter affermare che lo schema contrattuale adottato dai contraenti fosse volto al conseguimento di un risparmio d'imposta e non invece giustificato dalle ragioni economiche sottese alla causa tipica del contratto.