Un’impresa che cessa la propria attività lavorativa per difficoltà economiche o perché fallisce, se è titolare di un credito Iva ha diritto al rimborso della maggiore imposta versata, nonostante la mancata presentazione del modello VR e il decorso del termine biennale.
Il principio è sancito nell’ordinanza n. 25568 del 14 novembre della Sesta sezione civile della Corte di cassazione.
Tale conclusione era stata già annunciata dai giudici della Commissione tributaria provinciale di Udine, che avevano accolto il ricorso del contribuente che si opponeva al silenzio-rifiuto da parte dell'Amministrazione finanziaria.
Ora la Corte archivia definitivamente la questione sancendo il diritto delle imprese, che hanno cessato l’attività o che sono fallite, di “ricorrere all’istituto del rimborso per il recupero dei loro crediti d’imposta, non avendo esse la possibilità di recuperare l’imposta assolta su acquisti ed importazioni nel corso delle future operazioni imponibili”.
In più, si fa presente che la domanda di rimborso si considera già presentata con la compilazione della dichiarazione annuale del quadro relativo, che autorizza al formale esercizio del diritto, indipendentemente dalla presentazione del modello VR.
Infine, secondo i Supremi giudici, la richiesta di rimborso Iva successiva alla cessazione dell’attività dell’impresa si deve considerare regolata dall’articolo 30, comma 2, del Dpr 633/1972 e, dunque, è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello sussidiario e residuale di due anni (di cui al Dlgs 546/1992), da applicarsi in assenza di disposizioni specifiche.