Lo stralcio di Iva e ritenute operate e non versate dal debitore erariale nella proposta di concordato ai creditori passa dal via libera del tribunale. Sul punto, però, si registrano orientamenti non univoci. Proviamo a vedere nel dettaglio.
La questione nasce dall'interpretazione che la Suprema corte ha fornito dell'articolo 182-ter della legge fallimentare (Rd 267/1942), che nell'ambito del concordato preventivo disciplina la transazione fiscale, e quindi la possibilità del debitore di definire con l'amministrazione un accordo transattivo, che sia parte del piano e della proposta ai creditori. L'articolo 182-ter della legge fallimentare dispone, però, che la transazione fiscale non può prevedere la decurtazione del credito erariale per Iva e ritenute operate e non versate, potendo invece incidere su altri crediti (Ires, Irap).
La Cassazione in più occasioni (sentenza 22931/2011 e 22932/2011) ha assegnato alla norma valenza sostanziale, e non solo processuale, con la conseguenza che l'intangibilità del credito erariale diverrebbe un carattere generale della procedura, sempre valido indipendentemente dall'utilizzo dell'istituto previsto dall'articolo 182-ter legge fallimentare.
Le conseguenze operative sono significative, soprattutto considerando che da un lato l'articolo 160, comma 2, della legge fallimentare ammette espressamente la falcidiabilità dei crediti privilegiati, anche se nei limiti minimi della soddisfazione che il titolo di prelazione consentirebbe loro liquidando i beni o diritti che ne costituiscono l'oggetto, e dall'altro che il principio inderogabile della concorsualità è la par condicio, e quindi il medesimo trattamento per tutti i creditori, nel rigoroso rispetto della graduazione dei privilegi. Poiché i crediti per Iva e ritenute, ai sensi degli articoli 2752 e 2778 del Codice civile godono di privilegio generale sui beni mobili dell'imprenditore di grado particolarmente basso, stabilirne l'infalcidiabilità significa rendere di fatto inutilizzabile la possibilità di falcidia dei privilegi disciplinata dall'articolo 160, comma 2, legge fallimentare.
Il pagamento integrale del debito erariale imporrebbe, infatti, analogo trattamento per i creditori dotati di titolo di prelazione più elevato, e quindi per quasi tutti. Questa impostazione rischia di assorbire la disponibilità concordataria in misura così significativa da rendere improcedibile la proposta ai creditori. È almeno dubbio che, nelle intenzioni del legislatore, a questo dovesse condurre la riforma dell'istituto del concordato preventivo.
Le decisioni Sul punto la giurisprudenza di merito solo in parte si è allineata alla Cassazione mentre numerosi giudici hanno assunto un atteggiamento scettico