Con la sentenza n. 1820 del 17 gennaio 2014, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato da due contribuenti contro il provvedimento con cui i giudici di merito avevano confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente disposto nei confronti dei loro beni nell'ambito di un'indagine in cui era stata loro contestata l'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.
Nella specie, i ricorrenti si erano lamentati che la misura cautelare fosse stata disposta con riferimento all'intero importo riportato nelle fatture nonostante la contestazione riguardasse documenti solo in parte inesistenti e ciò, quindi, in violazione del principio di proporzionalità tra la misura cautelare e l'entità del fatto.
Doglianza accolta dalla Suprema corte la quale ha ricordato che il sequestro preventivo non può avere a oggetto beni per un valore che eccede il profitto; l'organo giudicante, ossia, è sempre tenuto a valutare l'equivalenza tra il valore dei beni e l'entità del profitto.